![]() |
|||||||
|
![]() |
![]() |
|
||||
|
|
|
|||||
![]() |
|||||||
1977 Per la sua 52a edizione l’International Six-Days Trial ritornò in Cecoslovacchia, per la prima volta a Považská Bystrica, una cittadina dell’attuale Repubblica Slovacca, sede storica della fabbrica di motociclette Považske Strojarne (letteralmente “Fabbrica di Považská”), produttrice delle motociclette Manet e delle pregiate Tatran. Dal 5 al 10 settembre 313 piloti si confrontarono aspramente lungo un percorso molto selettivo di questa Sei Giorni, tant’è che si contarono ben 219 ritirati. Solo 94 superstiti tagliarono il traguardo, conquistando 40 medaglie d’oro, 29 d’argento e 25 di bronzo. Ogni anno la tecnologia faceva segnare un progresso, più evidente nella classe 50, dove spiccava su tutte il meraviglioso prototipo della Sachs con un avveniristico telaio in titanio, il forcellone posteriore in alluminio scatolato ed ammortizzatori Koni a gas. Venne portata in gara in modo veramente eccellente dal bergamasco Gino Perego che fu anche l’unico pilota della sua classe che concluse l’intera gara, dando vita ad una leggenda consacrata dalla famosa piccola serie dei Perego Replica, un anno più tardi. Anche in questa occasione l’Italia si affidò alle due squadre ufficiali della KTM e della SWM per cercare di aggiudicarsi il Trofeo e il Vaso d’Argento. Lo scontro al vertice fu, come sempre, circoscritto alla Cecoslovacchia, alle due Germanie e all’Italia e si concluse con un predominio schiacciante delle due nazioni d’oltrecortina, ma non mancarono eclatanti colpi di scena. Come è ben noto, una delle prerogative essenziali di una Sei Giorni è costituita dall’impossibilità di effettuare sostituzioni meccaniche di qualunque tipo, ma all’insegna del “si fa e non si dice”, si era consolida l’ormai annosa abitudine di “assistere” in ogni modo possibile i propri piloti e si mormorava addirittura che ci fosse un accordo occulto e trasversale che lasciava tutti liberi di agire, salvo poi non doversi lamentare nel caso un Commissario avesse scoperto l’illecito. Questa volta toccò alla KTM ed ai suoi uomini. Il terzo giorno, infatti, la squadra KTM, da molti data per favorita, si ritirò per protesta, in seguito alla squalifica di Gian Luigi Petrogalli. A Petrogalli fu addebitato un aiuto “esterno” illegale sulla natura del quale si discusse molto, senza trovare una soluzione condivisa. Gli innocentisti sottolineavano il fatto che un semplice attrezzo allungato con un piede da un meccanico presente non dovesse essere sanzionato in modo così tassativo da escludere, di fatto, l’Italia dal Trofeo, ma il verdetto non fu favorevole. Dopo un intero Campionato d’Europa passato a discutere, proprio fra le squadre Jawa e KTM, gli italiani ipotizzarono una congiura dei padroni di casa e abbandonarono il campo, come già avevano fatto gli uomini della Zündapp a Camerino, nel 1974. Come sempre ci fu chi sostenne la teoria del sabotaggio e coloro i quali tacciarono di scarsa sportività la squadra italiana. Il quarto giorno toccò al Team della Germania occidentale, uscire di scena. |
|||||||
|
|
|
|
|
|
||
|
|||||||
![]() |