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1959 – L’ISDT torna nuovamente in Cecoslovacchia, a Gottwaldov, dal 14 al 19 settembre.
Iscritti al via 237 piloti, di cui 46 cecoslovacchi, 24  polacchi, 38 tedeschi dell’Ovest e 20 tedeschi dell’Est, 21 russi, 16 italiani, 13 inglesi, 13 olandesi, 9 romeni, 9 svizzeri, 8 bulgari, 6 svedesi, 4 irlandesi e due danesi.
Solo 178 i piloti portarono a buon fine l’intera prova, conquistando 127 medaglie d’oro, 35 d’argento e 16 di bronzo.
La tipologia del percorso ed il regolamento favorivano le cilindrate intermedie ed anche per questo motivo nelle classi più basse 75 e 100cc, si registrarono solo 4 Capriolo 75, 3 Hercules Sachs 100.
Al bergamasco Gianni Perini su Capriolo 75 fu assegnato il numero 1 e toccò quindi a lui l’onore di inaugurare la manifestazione.
Nella classe 125 si registrarono 29 equipaggi, 65 nella 175, 103 piloti nella 250, 25 nella 350, 6 nella 500 e  2 nella classe 650.
Le squadre in lizza per il Trofeo erano composte da 6 piloti impegnati in tre differenti cilindrate  tutti in sella a moto di produzione nazionale.
Malgrado le belle performance delle Gilera nelle precedenti edizioni, quest’anno gli italiani preferirono Moto Guzzi e Capriolo, ritenute più adatte a far punti nelle prove di velocità, una discriminante decisiva là dove i team migliori riuscivano tutti a compiere l’intero percorso a zero penalità.
Le Hercules K 101 GS da 98cc con 7,5 cv e K 175 GS con 17 cv, presentano una particolarità: un “riduttore” montato sul pignone e comandato a pedale, capace di moltiplicare i rapporti 3x2 e 4x2 delle rispettive moto.
Il tracciato impegnativo operò una dura selezione sin dall’inizio.
Anche il Team Cecoslovacco, favorito da tutti i pronostici, prese un punto di penalità già la mattina del primo giorno, per la difficoltà di Zdenehk Polánka a far partire la sua Jawa nel tempo stabilito.
La stessa disavventura capitò ad Enrico Vanoncini, la mattina del secondo giorno, e così anche gli italiani persero alcune posizioni.
La gara fu dominata dai russi sino alla fine del terzo giorno, ma la rottura del telaio della Kovrovsky 175 di Victor Adajan, tranciatosi in due tronconi all’altezza della pipa di sterzo, rese vano ogni sforzo.
Dopo l’abbandono degli inglesi anche le speranze italiane furono vanificate, il quinto giorno, dalla rottura del motore della Guzzi di Vanoncini e, per i cecoslovacchi, si spianò la strada della vittoria.
La Cecoslovacchia (Vladimír Sedina, Sasha Klimt, Antonin Matejka, Zdenehk Polánka, Jaroslav Pudil e Bohuslav Rouchka, Manager Krivka) si aggiudicò il Trofeo seguita, al secondo posto, dalla sfortunata squadra italiana composta da Tullio Masserini Guzzi 175, Carlo Moscheni Capriolo 125, Dante Mattioli Guzzi 175, Gianfranco Saini Guzzi 235, Jolao Strenghetto Capriolo 125 ed Enrico Vanoncini Guzzi 235.

Nel Vaso d’Argento, per il quale concorrevano squadre di 4 piloti impegnati in due differenti cilindrate ed in sella a moto di produzione nazionale o straniera, si affermarono, ancora una volta, i padroni di casa che conquistarono i primi due posti.
L’affermazione non fu così perentoria come potrebbe sembrare dal momento che i team Romania A e Finlandia, classificatisi rispettivamente al 3° e 4° posto, conclusero anch’essi l’intera prova a zero penalità e la classifica fu decisa solo dall’ultima prova di velocità.
Il Team Italia A (Costanzo Daminelli - Guzzi 235, Giuseppe Panarari - Capriolo 75, Canzio Tosi - Parilla 125, Brunone Villa - Guzzi 175), si classificò 9°, mentre il Team Italia B (Walter Reggioli e Lino Cornago - Parilla 125, Angelo Spinelli e Riccardo Bertotti - Capriolo 75),  si classificò solo 17°.
Malgrado nessun piazzamento di rilievo gli italiani ben figurarono conquistando 8 medaglie d’oro: Tullio Masserini, Carlo Moscheni, Jolao Strenghetto, Nino Tagli, Gianfranco Saini, Canzio Tosi, Riccardo Bertotti e Dante Mattioli e anche sei d’argento Gianni Perini, Giuseppe Panarari, Angelo Spinelli, Brunone Villa, Lino Cornago ed Enrico Vanoncini.
Va segnalato, in proposito, che a Masserini fu inizialmente assegnata la medaglia d’argento, commutata in oro solo dopo molti mesi in seguito al favorevole accoglimento di un reclamo presentato a fine gara. 

1960 – La 35a edizione della Sei Giorni fu organizzata nel cuore delle Alpi austriache, a Bad Aussee, dal 19 al 24 settembre.
Il tipico percorso alpino, della lunghezza complessiva di 1780 chilometri, era suddiviso in sei tappe, tutte abbastanza impegnative in modo da praticare un’effettiva selezione, giorno per giorno e non doversi ridurre ad un’opinabile prova di velocità per stabilire la classifica finale in una manciata di minuti.
Iscritti al via 317 piloti, cui furono assegnate 191 medaglie d’oro, 66 d’argento, 13 di bronzo  e solo 47 ritirati.
Anche nel 1960 le squadre in lizza per il Trofeo, dovevano essere composte da 6 piloti impegnati in tre differenti cilindrate ed in sella a moto di produzione nazionale.
Le speranze italiane naufragarono già il primo giorno dopo l’abbandono di Carlo Moscheni e della sua Capriolo 125.
Rotture irreparabili e rovinose cadute penalizzarono, uno dopo l’altro, tutti i team migliori e alla fine la vittoria arrise all’equipaggio austriaco ed alle sue potenti Puch 250, gli unici a terminare la prova con tutti e sei i piloti ancora in sella.
Il team italiano composto da Franco Dall'Ara, Costanzo Daminelli, Carlo Moscheni, Gianfranco Saini, Jolao Strenghetto e Nino Tagli si classificò al nono posto.
Nel Vaso d’Argento, per il quale concorrevano squadre di 4 Piloti, è da registrare la splendida affermazione dell’equipaggio italiano, composto da Tullio Masserini, Eugenio Saini e Fausto Vergani su Gilera Giubileo 98 e Luigi Gorini su Giubileo 124.


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