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Con la Planeta iniziò il terzo ed ultimo periodo della produzione motociclistica russa, durante il quale ogni nuovo modello fu battezzato con nomi di pianeti o di costellazioni.
All’enfasi crescente della terminologia corrispose, viceversa, l’inizio di un lento, ma inesorabile, declino.
Nel 1962, però, le moto russe erano ancora mezzi validi e che avessero delle chances di vittoria lo si vide in occasione della Sei Giorni tedesca di Garmisch-Partenkirchen (17/ 22 settembre), la cui mattina del primo giorno, iniziò sotto i migliori auspici.
Tutti i team in lizza per il Trofeo presero 10 punti di penalità, tranne quello dell’URSS, che risultò l’unica squadra a zero.
Per i restanti cinque giorni, il team sovietico lottò sempre per il primo posto e, prima dell’ultima prova che si disputò sul circuito di Ettal, occupava la seconda piazza.
Proprio l’ultimo giorno, una delle sei IZh non resse lo sforzo e si ruppe in più parti, il che, costò alla squadra 51 punti di penalità e la retrocessione in terza posizione.
Si trattò comunque di una prestazione di rilievo e di un risultato di grande prestigio che collocava i russi e le loro moto fra i migliori del mondo.
A Garmisch la palma della sofisticazione tecnologica spettò ancora una volta alla Kovrovsky K175, che sfoggiò il mozzo anteriore a tamburo centrale in magnesio, ulteriormente impreziosito da  grossi fori laterali di alleggerimento, utili anche a dissipare più rapidamente il calore e mantenere efficiente il freno.
La soluzione si dimostrò valida in pista, ma inadeguata ai percorsi in fuoristrada e non venne ulteriormente sperimentata.

1963 – Gli inizi degli anni ’60, corrisposero al periodo di maggior fervore progettuale e furono gli anni in cui il team sovietico raggiunse i suoi risultati migliori.
Alla Sei Giorni cecoslovacca di Spindleruv Mlyn (2/7 settembre) la squadra dell’URSS schierò molte, interessanti novità.
Sulle Kovrovsky 175 cc, equipaggiate sino al 1962 con il cilindro in ghisa e la testa in alluminio, spiccavano i nuovi gruppi termici in alluminio, fuso in terra, con le finestrelle sui travasi, di fattura un po’ grossolana, ma segno evidente di una volontà di ricerca e di sviluppo.
Le moto iscritte erano di chiara produzione artigianale, ognuna differente dall’altra per tanti, piccoli, particolari, ma si presentavano nel complesso ben curate e dotate di raffinati accorgimenti e di tutti i requisiti tipici di una bella moto da competizione.
Molto interessante il serbatoio in metallo della IZh 250, dalla classica forma a goccia, con il logo stampato in rilievo.
Sul dorso del serbatoio, al suo interno, era stato ricavato un bauletto porta attrezzi, sormontato da un secondo bauletto in cuoio.
Il bauletto ricavato all’interno del serbatoio era già in uso sulle moto stradali sin dagli anni ’50, ma tutte queste attenzioni davano la prova che all’interno delle aziende russe esisteva un “reparto corse” e grazie all’impegno dell’intero team, l’URSS  continuò ad ottenere ottimi risultati.
Alla fine della settimana, il Team dell’Unione Sovietica (Kirsis e Resetniks, su IZh 350, Jastrebov e Dezinov su IZh 250,  Rudenka e Semin con le 175 cc), portò a buon fine l’intera prova e si classificò 4° nel Trofeo, alle spalle delle MZ della DDR, l’Italia delle Guzzi di Bertotti, F. Dall'Ara, E. Saini, G.F. Saini, Tosi, Vergani e ed il team cecoslovacco con le Jawa .
Una prova di tutto rispetto, che attestava la buona prestazione della squadra russa, oltre che lo strapotere delle moto d’oltre cortina, cui resistettero solo i “nostri” della Guzzi, pur se con mezzi teconologicamente superati dai potenti due tempi dell’Est.


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