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PUCH (1903 – 1987)
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1975 – Il trend che vede il disimpegno progressivo dalla scena agonistica prosegue e a nulla servono i più che brillanti risultati dei piloti italiani.
Il 1975 è l’anno della svolta.
In casa Puch si decide di correre per l’ultima volta ufficialmente e di smantellare progressivamente la produzione di moto da regolarità, concentrando la propria assistenza indiretta solo sui modelli più piccoli, da 50 e 75 cc.
Questi ultimi danno il via infatti ad una sorta di passaggio delle consegne da Graz a Treviglio.
Progressivamente le attività via via dismesse da una parte, vennero riprese dall’altra, pur con tutte le inevitabili conseguenze.
La Puch 50 fu allestita direttamente in Italia con l’impegno diretto dei fratelli Frigerio le cui insegne appaiono accanto a quelle della casa austriaca, dando origine alla serie delle Puch-Frigerio.
Solo i motori vennero forniti dalla casa austriaca; erano dotati di cilindro e testa in alluminio (40mm x 39mm) la cui vistosa inclinazione a 45° condizionò le linee secche della culla.
Il primo modello commercializzato, quello da 50cc, grazie alla canna cromata e quattro generosi travasi, raggiungeva la considerevole potenza di 9,7 cv a 10.000 gm; il tutto era supportato da un carburatore Bing da 24 mm, un’efficiente accensione elettronica e un solido cambio a sei marce.

Il telaio richiamava quello delle sorelle maggiori, col trave superiore scatolato e doppia culla avvitata, e si dimostrerà per anni ottimo e competitivo.
Tutta la ciclistica di contorno era al top della gamma, forcelle e ammortizzatori Marzocchi, con steli da 30mm e foderi in alluminio, mozzi conici Grimeca, cerchi in lega:
i parafanghi alti e il serbatoio erano in materiale plastico.
Per quanto riguarda il versante sportivo la Puch fornì ai fratelli Frigerio dei motori speciali, rifiniti nei minimi dettagli, con carter in magnesio e pistoni Mahle ad una sola fascia, con cui vennero allestite le moto ufficiali, nelle versioni da 50 e 75 cc.
Per entrambe le moto venne scelta una ciclistica eccellente, a partire dalle forcelle Marzocchi con foderi in magnesio, mentre sul posteriore vennero adottati i nuovissimi Marzocchi a gas; il 75 raggiungeva la strabiliante potenza di 17,5 cv a 10.000 g/m.
Rispetto alle moto di serie, si notava in più un piccolo carter sotto il motore che proteggeva la marmitta dagli urti e il cilindro dagli spruzzi di fango.

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