KTM (1955 – 1985)
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1969 – Poche, ma significative le migliorie apportate alle Penton per la nuova stagione:
spariscono i soffietti in gomma nera a protezione degli steli delle forcelle Ceriani, mentre gli ammortizzatori posteriori, anch’essi Ceriani, sono rifiniti in colore nero con la calotta di copertura cromata;
il carter catena in alluminio è corto, mentre il carter paramotore è avvitato alla doppia culla anziché saldato;
come sopra enunciato, venne adottata una nuova scatola filtro in fusione d’alluminio esterna, liberando la parte centrale del telaio da ogni sovrastruttura;
nel modello “regolarità” la nuova scatola filtro “a vista” era collegata al trave in lamiera scatolata per mezzo di un condotto in gomma; a loro volta le prese d’aria erano costituite da quattro fori laterali posti all’estremo opposto del trave, in zona pipa di sterzo, ben protette dal serbatoio, in un’area riparata ed asciutta, ideale per ridurre al minimo i rischi di infiltrazioni d’acqua in caso di guadi o di pioggia. Diversamente, il modello cross, presentava una scatola filtro di maggiori dimensioni con aspirazione perimetrale meno protetta in grado di garantire al motore un maggiore passaggio d’aria; proprio per questo motivo, venne adottata dai piloti più esigenti anche sui modelli da regolarità.

Nel 1969 si aggiunge anche il terzo modello, denominato Jackpiner; sul primissimo esemplare fu montato un potente motore Puch da 175cc, cambio a sei marce, ma la scelta definitiva cadde nuovamente sul Sachs maggiorato a 152 cc. con accensione Bosch e carburatore Bing da 27 mm.
La grande novità di quell’anno fu però costituita dal fatto che Arnaldo Farioli iniziò l’importazione in Italia delle KTM-Penton e, contemporaneamente, si presentò con una di queste moto ai nastri di partenza del Campionato Italiano, nell’affollatissima classe 125 cc.
Il Campionato Italiano Regolarità era, in quegli anni, uno dei più importanti e difficili al mondo, per la durezza dei percorsi e per l’alto numero di ottimi piloti che lo praticavano.
Malgrado tutti fossero ovviamente attratti dalle due tempi nord europee, pochi erano effettivamente in grado di farle correre a causa del nuovo stile di guida che, inevitabilmente, richiedevano.
Questi motori esprimevano una maggior potenza rispetto ai più tranquilli 4 tempi, ma gli alti regimi a cui arrivavano imponevano un ritmo e una velocità che solo i grandi piloti erano in grado di esprimere.

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