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La “pianificazione economica” sensibilizzò nuovamente lo staff MZ, al quale fu affidato il difficile compito di progettare e realizzare un prototipo da 50 cc in versione fuoristrada.
Si trattava anche in questo caso di una sfida estrema: nessuno sino ad allora aveva osato tanto.
Potendo contare su di una cilindrata molto modesta era indispensabile profondere il massimo impegno per poter realizzare un mezzo sufficientemente potente e capace di affrontare le enormi difficoltà dei percorsi in fuoristrada.
Di prototipi ne vennero realizzati due, uno nel 1960 ed un secondo l’anno successivo.
La base motore, il punto di partenza dell’esperimento, fu quella del collaudato SR2, a tre marce.
Il risultato fu quanto di meglio di potesse immaginare ed è molto probabile che fosse il primo 50 cc al mondo, specificamente realizzato per l’impiego in fuoristrada:

·    telaio tubolare monotrave, centrale, con motore montato a sbalzo;
·    cilindro in parte in ghisa ed in parte in alluminio (tipica lavorazione MZ da pista);
·    testa radiale in alluminio;
·    serbatoio in alluminio con ginocchiere in gomma;
·    parafango anteriore in alluminio con paraspruzzi in materiale plastico;
·    scatola filtro protetta, in bakelite e plastica;

·    cerchi in lega leggera con mozzi pressofusi in alluminio;
·    ruote artigliate Riesa da 19 (2.50 ant. e 2.75 post.);
·    ammortizzatori anteriori a bracci oscillanti con molle a sezione rettangolare;
·    sella a sganciamento rapido con ampio bauletto porta attrezzi;
·    manubrio alto con barra di rinforzo rimovibile per facilitare le riparazioni;
·    cambio a tre marce, raddoppiate a sei, grazie all’introduzione di un piccolo marchingegno, denominato “riduttore”, anch’esso un prototipo, il primo in senso assoluto, di forma diversa da quello poi utilizzato negli anni successivi.

Dopo due anni di segretissimo lavoro e sviluppo, scesero in campo le prime Simson 50GS, che presero parte alle più importanti competizioni internazionali, dando vita a quella leggenda che tutti conosciamo e ammiriamo.
Per avere un’idea di quanto fossero avanti basta ricordare che nella pur ricca ed affermata produzione motociclistica italiana, nemmeno dieci anni dopo, si poteva trovare qualcosa di simile.
Il marchio Rheinmetall fu presto abbandonato e la produzione proseguì nei ricostruiti impianti di Suhl, esclusivamente con la dicitura Simson.


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