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Noi si era sempre avanti all’Internazionale nel correggere i Regolamenti esistenti ma col tipo di organizzazione che aveva la FIM la nostra voce giungeva a Ginevra molto flebile finché non vi fu una svolta molto importante che ci portò di persona a discutere le regole che ci interessavano.
Siamo a metà dell’anno 1971 quando, con mia grande sorpresa, vengo invitato ad assumere in prima persona la responsabilità della Regolarità italiana. Sono da una parte preoccupato di non essere all’altezza, dall’altra parte lusingato di poter essere così intimamente legato al modello di sport che ormai da 20 anni seguivo con sempre più evidente amore.
Accetto e mi metto subito al lavoro per preparare la SEI GIORNI che , quell’anno, si sarebbe svolta all’Isola di Man, già famosissima nel mondo motociclistico per il Tourist Trophy, la massacrante corsa di velocità sulle strade dell’isola.
La GILERA mi garantisce le moto e la Federazione mi manda proprio al Tourist Trophy, come membro di giuria italiano, ma col compito di cercare alloggio, vetture, furgoni e quant’altro potesse essere utile alla spedizione di settembre.
Trovo tutto abbastanza facilmente e addirittura un albergo sul lungomare di Douglas gestito da un italiano! Voglio però fare una parentesi per dire due parole sulla corsa di velocità dove, purtroppo ogni anno, ci scappava il morto se non più di uno.
Al mio arrivo mi viene consegnato un “carnet” con il programma dettagliato della settimana di gare.

Prima di tutto si corre un giorno si e uno no; nel giorno “no” si procede alla premiazione del precedente giorno “si”. Tutti i membri di giuria devono essere in “smoking” per le premiazioni che sono cerimonie lunghissime in quanto il segretario di gara comincia leggendo il nome dell’ultimo arrivato (difficilmente sono meno di 100!) ed, ovviamente, si finisce con il vincitore.
Il giorno di gara, invece, non occorre vestito speciale ma il cerimoniale non è molto differente per lunghezza: prima della gara tutti i membri di giuria, schierati in un’unica fila, attendono l’arrivo del governatore sul prato adiacente alla tribuna.
Quando questa autorità arriva gli vengono presentati uno ad uno i giurati e lui stringe loro la mano poi scompare in una tenda. Noi si sale in tribuna e ognuno prende posto dove assegnatogli.
I piloti, come ho detto più di cento si schierano a due o tre per ogni fila a formare un lungo serpente di cui non si vede la fine. Davanti a me, sull’altro lato della strada, vi è un grande tabellone in legno sormontato da un balconcino coperto ove sono sistemati, sopra il rispettivo numero di gara, dei giovani “scout”.
Sotto di loro, in piedi su una lunga panca e sempre in corrispondenza di un numero di gara, altrettanti “scout” che hanno di fronte, attaccato alla parete di legno, un pacchettino di carta che riporta il numero dei giri, da compiere, foglio per foglio, per completare la corsa.
Subito sopra il numero di gara si vede una comune lampadina e quindi una freccia, in ottone mi pare, che ruota a segnare quattro località del percorso. Questa freccia viene manovrata a mano dai ragazzi del balconcino. Improvvisamente la banda intona il “God save the Queen” e tutti, dico tutti, si fermano nella posizione in cui si trovano: per esempio se uno si sta soffiando il naso resta con il fazzoletto sullo stesso, immobilizzato.

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