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1982 – Il 1982 fu l’ultimo anno di vita della fabbrica di Povazska Bystrica, ed a nulla servì un ulteriore miglioramento estetico delle moto in questione.
In quell’anno infatti, fu decisa la chiusura dell’azienda, che interruppe la produzione dell’ultimo modello in catalogo la Babbeta 20.300 e analogamente chiuse anche il Reparto Corse, che trasferì tutte le sue “conoscenze” direttamente al Reparto Corse Jawa.

1983 – Quando ormai gli impianti di Povazska Bystrica erano definitivamente chiusi, nel corso del 1983, i tecnici Jawa effettuarono i primi tenativi di introdurre il sistema di raffreddamento a liquido, sia sul modello da 125 cc a disco rotante, sia su di un nuovissimo prototipo da 80 cc, Typ 659, 48 x 44 pari a 79,6 cc, due tempi con ammissione a disco rotante e cambio a sei rapporti, in grado di erogare 18 cv a 12.000 gm.
L’uscita di scena della Tatran a fine stagione 82, giustificò forse, questa nuova avventura, ma la mancanza di adeguati finanziamenti fece abortire immediatamente il progetto, che non andò oltre i due esemplari iniziali, mai utilizzati in competizioni internazionali.

La storia della Tatran è la storia di una principessa, sicuramente fra le più belle del reame, che non diventò mai regina, a differenza delle cugine Jawa che per anni fecero pesare la loro supremazia quasi assoluta.
Sul perché dello straordinario successo della Jawa, rispetto ai modesti risultati delle molto più raffinate Tatran, giocarono tanti fattori, non ultimo la larghezza di mezzi delle prime e le ristrettezze economiche delle seconde, ma su tutti, fu determinante il peso dei regolamenti.
Mentre le Jawa scelsero di gareggiare nelle classi più elevate, quelle che garantivano maggior potenza ed affidabilità, e che, allo stesso tempo, erano le meno frequentate dalle marche più blasonate, le Tatran scesero in campo, con pochi mezzi, nelle classi dove si confrontò l’elite della produzione motoristica mondiale, un confronto spasmodico, in grado di elevare il livello della competizione ai vertici estremi.
Le Jawa riuscirono a raccogliere un’infinità di allori, arroccandosi furbamente nelle cilindrate più alte e, per questo motivo, prive di una concreta concorrenza, sfruttando i vantaggi di un regolamento sicuramente opinabile.


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