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MZ (1946 – 1992)
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Anno dopo anno aumenta le prestazioni e le performance; contemporaneamente viene selezionata una squadra di piloti, una nuova generazione di atleti capaci di imporre immediatamente la propria forza.
Agli inizi degli anni ’60 l’MZ si presenta al nastro di partenza con un’ulteriore evoluzione del collaudato modello ES e balza alla ribalta della scena mondiale in occasione della ISDT di Spindleruv Mlyn (2-7 settembre 1963) dove schiera alla partenza ben 21 macchine, nelle tre cilindrate 175, 250 e 300 cc.
In questa occasione conquista 16 medaglie d’oro ed il suo secondo Trofeo Internazionale.
I motori sono inizialmente a quattro marce, con il gruppo di scoppio in alluminio incamiciato in ghisa; sono dotati di doppia accensione e vantano al loro esordio rispettivamente 14, 19 e 21 cavalli a 5.500 giri; già l’anno successivo l’incremento di potenza è rilevante e si parla di 18 cv per la 175, 23 cv per la 250 (70 x 65) e 25 cv per la 300 cc.
Interessante notare che in quegli anni l’MZ costruiva i suoi cilindri da competizione ricavandoli dal “pieno” ed incamiciandoli in ghisa; solo verso la fine del decennio adottò la procedura della fusione in stampi di terra cotta.

Il motore che dettò legge nelle classi oltre 175 cc per tutti gli anni ’60 è caratterizzato esteriormente da forme tondeggianti e compatte, mentre all’interno troviamo la frizione multi-disco in bagno d’olio, a sinistra dell’albero motore e la trasmissione primaria a ingranaggi elicoidali.
Carburatore BVF (Berliner Vergaser Fabrik), molto simile agli occidentali Amal.
Le vecchie forcelle a bracci oscillanti degli anni ’50 vengono abbandonate e sostituite da efficientissime forcelle telescopiche; peso a secco 138 kg.
Design classico e austero, all’apparenza vecchie e pesanti nella loro livrea nera e bianca, costituiscono uno dei primissimi esempi di moto espressamente costruite per affrontare le sempre maggiori difficoltà delle gare di regolarità.
Al contrario di quanto l’estetica lasciasse trasparire si dimostrarono immediatamente agili e potenti, praticamente imbattibili sino alla fine degli anni ‘60.
Si trattava in effetti di moto solo apparentemente vecchie in quanto ricche di soluzioni estremamente originali ed innovative.
Il largo uso di leghe leggere, i parafanghi in vetroresina, le grandi e impermeabili scatole filtro o le nuovissime marmitte che le davano una maggior potenza già ai bassi regimi fecero di queste moto il punto di riferimento per tutto il settore.
Il sistema di protezione ermetica della catena di trasmissione fece addirittura scuola e venne adottato dai più importanti marchi dell’Est.

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