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Sempre lo stesso anno, in seguito all’arrivo, direttamente dalla Ferrari, di Franco Lambertini (nessun grado di parentela con Dante Lambertini, che l'aveva preceduto nello staff tecnico Morini), fu progettato e sperimentato un nuovo gruppo di scoppio, che diede vita al Morini Corsaro 4° Tipo, denominato “testa piatta”.
Questi propulsori furono montati sui vecchi telai Ronzani, abbelliti dai serbatoi nuovi del 5° Tipo, in avanzata fase di collaudo.
La “creatura” di Franco Lambertini era caratterizzata da una grande testa piatta con camera di scoppio ricavata nel cielo del pistone, condotti di aspirazione e scarico arcuati per migliorare la combustione.
Fu il motore del nuovo modello da competizione che non trovò però sbocco commerciale, ma fu utilizzato esclusivamente in campo agonistico, durante tutto il 1971.
Di questa vistosa e ancora più potente versione, denominata “testa piatta”, venne realizzato un kit composto da albero motore, pistone, testa cilindro e tubo di scarico (con uscita a destra) che permetteva di migliorare le prestazioni aggiungendo circa un cavallo e mezzo. Il kit venne montato, con grande soddisfazione, da alcuni privati che lo acquistarono e sulle moto dei piloti delle Fiamme Gialle, dando sempre i risultati sperati.
Questa importante modifica era completata da un complicato tubo di scarico che non conteneva particolari innovazioni tecnologiche, ma permetteva di aggirare i regolamenti che pesavano sempre di più sui motori a 4 tempi.

Un grosso handicap di quegli anni era rappresentato infatti dalla grande rumorosità di cui soffrivano i motori a 4 tempi, rispetto a quelli a due tempi.
Da qualche anno ormai nelle gare internazionali le prove di accelerazione vedevano la presenza contestuale di un fonometro e le penalizzazioni fioccavano copiose.
Per ovviare a questo grave inconveniente, fu adottato uno stratagemma costituito da un tubo di scarico mobile che, in occasione delle prove di accelerazione, poteva essere silenziato semplicemente appoggiando lo stivale sul terminale.
Il terminale infatti aveva due posizioni:
dopo un giro abbastanza curioso, scaricava normalmente all’interno della moto, più a meno all’altezza del carburatore, ma semplicemente ruotando il terminale verso l’esterno (180°), quest’ultimo andava ad appoggiarsi proprio allo stivale del pilota.
Era sufficiente tener premuto lo stivale sullo scarico per pochi secondi, il tempo di allontanarsi dal fonometro, per non prendere inutili penalità.
La modifica era senz’altro ingegnosa, ma sportivamente non corretta e tutto finì rapidamente così come era venuto.


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