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La complessa scelta si dimostrò del tutto inutile, se non addirittura controproducente, quando già una discreta serie di pezzi era già stata predisposta per questo utilizzo, e, per non buttare una cinquantina di serbatoi, si fece ricorso alla fantasia dei meccanici che suggerirono questo nuovo utilizzo, che ben rappresenta la particolare cura profusa nella progettazione; cura e ricercatezza che ritroviamo negli ottimi ammortizzatori Ceriani posteriori, quasi dello stesso color rosso fuoco della moto, ma con le molle bianche.
I parafanghi erano in lamiera, come pure l’ampio carter paracatena; l’uso della vetroresina era limitato alle padelle portanumero, mentre, sotto la sella, era alloggiato un utile bauletto porta attrezzi.
Le ruote, da 18 pollici la posteriore e da 19 l’anteriore, erano montate su mozzi in alluminio grandi ed efficienti; i molleggi anteriori non erano ancora all’altezza delle necessità del fuoristrada, ma si trattava di una moto forte e robusta, con un cuore potente e aggressivo, che incontrò immediatamente il favore del mercato.

In occasione della Valli Bergamasche, l’incontro più severo, ma anche il più efficace per testare la bontà delle nuove moto, furono iscritti sei modelli da 125 cc, affidatati a Sandro Dall'Ara, Giuseppe Signorelli, Giovanni Collina, Claudio Bergamelli, Titta Cadei e Pietro Rota, mentre altri quattro modelli da 150 cc (58 mm x 54 mm,  13 cv a 8.500 gm, carb. Dell’Orto da 22 mm), furono affidati ad altrettanti piloti francesi, Gapin, Beltramelli, Coilbaut e Mouvet.
Nessuno degli equipaggi francesi portò a termine la prova, mentre solo quattro piloti italiani si classificarono, Giovanni Collina 27°, Claudio Bergamelli 48°, Sandro Dall'Ara 49°, e Giuseppe Signorelli 53° .
I modelli da 150 cc, erano stati commissionati dall’importatore francese, ed acquistati tramite gli stabilimenti Couturier, per essere poi trasformati in moto da trial, sport che in quegli anni godeva di grande interesse oltr’alpe.


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