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Moto Guzzi (1958 – 1965)
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Il marchio Guzzi è un marchio storico e glorioso che raggiunse l’eccellenza in tutte le discipline motoristiche in cui si impegnò nel corso della sua lunga e onorata carriera.
La Moto Guzzi, fondata da Carlo Guzzi il 15 marzo 1921, ottenne il primato nel mondo della Regolarità nei primi anni ’60, quando le sue moto imposero l’aquila di Mandello del Lario ai vertici delle più importanti competizioni dell’epoca.
Essendosi da sempre distinta per la potenza e l’affidabilità delle sue moto, non è difficile ritrovare il marchio nelle classifiche delle più importanti prove di Regolarità già nell’immediato dopoguerra.
Furono i privati a portare in gara un suo noto cavallo di battaglia, l’Airone, un monocilindrico a 4 tempi da 246 cc (70 x 64 mm) e, anche per questo motivo, ottennero tanti buoni piazzamenti senza mai emergere vistosamente.
Massimo Giudici, Carlo Mazza, Mario Campi, Giuseppe Raccagni, Giacomo Rovaris, Giuseppe Boneschi e Luigi Dotti furono i più attivi portabandiera, ma è ancora presto per parlare di moto da fuoristrada.

Dal 1921 al 1957 la Guzzi si dedicò esclusivamente alla velocità in pista e si distinse in tutti i circuiti del mondo cogliendo migliaia di vittorie, 11 Tourist Trophy e 14 Titoli mondiali.
La sua massima espressione evolutiva la raggiunse nel 1955 con una formidabile Otto Cilindri a V di 90°, progettata dall’ingegner Giulio Cesare Carcano.
Una moto, per quei tempi “mostruosa”, che conserva ancora oggi inalterato tutto il suo fascino.
Dall’alto dei suoi 72 cv di potenza e 275 km/h di velocità divenne il punto di riferimento mondiale, ma proprio questa sua quasi eccessiva esasperazione tecnologica convinse la Guzzi a non proseguire oltre.
A causa dei costi altissimi, pressoché incontrollabili, che la continua ricerca imponeva, le grandi case motociclistiche italiane dell’epoca (Gilera, Mondial), sottoscrissero un accordo che stabilì il ritiro da tutte le competizioni a partire dal 1957.
Il ritiro dalle corse in pista mise finalmente fine ad un dispendio di energie divenuto ormai insostenibile e liberò risorse da dedicare alle nuove discipline emergenti, seguite da un vastissimo pubblico, ma molto meno costose da praticare.
Inevitabilmente l’attenzione cadde sulla regolarità in fuoristrada.

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