-
-
pagina
1 | 2 | 3 | 4 | 5 | 6 | 7 | 8 | 9 | 10 | 11 | 12 | 13 | 14
page


1955 – Dopo alcuni anni di gestazione, il complesso percorso di crescita si compì idealmente quando, alla Valli Bergamasche del 1955, fu ufficialmente schierata la Gilera 150V (la V sta per “veloce”) in versione “Valli Bergamasche”, un vero e proprio prototipo, la cui cilindrata  effettiva era di 175cc.
L’aumento della cilindrata corrispose ad un aumento dell’impegno nel settore agonistico, a cominciare dai piloti di grande valore che furono chiamati a tenere alti i vessilli della casa di Arcore, che, immediatamente, si fecero notare nelle classifiche.
A differenza di altri, sfortunati, marchi milanesi, in casa Gilera compresero immediatamente l’importanza di poter contare su piloti di provata bravura, il mezzo più rapido e sicuro per sviluppare celermente e con soddisfazione, l’impegnativo progetto.
Come sempre, la storia di un marchio è indissolubilmente legata a quella dei piloti che conquistarono sul campo gli allori più belli.
La prevalenza di piloti “bergamaschi”,  gli unici che, a quei tempi, avevano sviluppato una vera e propria scuola in grado di sfornare atleti di rango mondiale, consentì alla Gilera di affrontare la ribalta internazionale a testa alta, raggiungendo i traguardi più ambiti, senza inutili perdite di tempo.
Alla 8° edizione della Valli Bergamasche, la Gilera si presentò con quattro moto, una da 150 cc, affidata ad Enrico Vanoncini, e tre 175, affidate a Dietrichs Serafini, Gianfranco Saini e Brunone Villa.
Le due Gilera di Dietrichs Serafini e Gianfranco Saini conclusero la manifestazione a zero penalità e si classificarono prime ex aequo, con la Mi-Val 125 di Franco Dall' Ara e la Rumi 125 di Dario Basso.
Anche se l’architettura generale della nuova moto è quella nota del 150 Sport, sensibili sono le differenze se osservate nei dettagli.
Il motore a 4 tempi monocilindrico (mm 60 x 61 cm3  172,5), erogava 9,1 cv, a 6000 g/m, con il Carburatore Dell’Orto MA 22 BS.
Il cambio a quattro rapporti, a pedale, sul lato destro, con comando a bilanciere; sospensioni anteriori con forcella telescopica e forcellone oscillante con ammortizzatori idraulici sul posteriore.
Ruote a raggi in acciaio da 19", freno anteriore, di grandi dimensioni, a tamburo centrale, e, posteriore, a tamburo laterale.
Sui primi esemplari e sino a tutto il 1956 compreso, fu mantenuta la sella singola, classica, triangolare con telaio in ferro e supporto a molle, in dotazione di serie, ma si potevano già notare i primi, significativi interventi, sulla parte ciclistica.
Parafanghi alti, manubrio largo, marmitta alzata nella parte posteriore, mascherina di protezione sul faro, sella monoposto, due tubi laterali sporgenti a protezione del motore e del pilota, la culla rinforzata nella parte bassa, a protezione del carter motore, forcelle particolarmente efficienti, irrobustite da un cavallotto centrale fissato sui foderi e protette da soffietti in gomma, perni delle ruote dotati di leve per facilitare il cambio delle gomme, copertoni artigliati.
Come ammortizzatori posteriori, fu scelto il meglio della produzione nazionale, gli ottimi ammortizzatori Sturker, in uso anche sulle Maserati da competizione e sulle Rumi Sei Giorni, proprio negli stessi anni.

Dopo questa robusta cura ricostituente la moto assunse tutti i connotati della moto da competizione in fuoristrada vera e propria.
Restava ancora irrisolto il problema della frizione a dischi multipli a secco (4 dischi condotti e 4 dischi conduttori), che mal sopportava lo stress delle mulattiere.
I dischi messi sotto sforzo raggiungevano temperature talmente elevate da perdere efficienza e funzionalità.
Questa eventualità si presentava solo in condizioni estremamente critiche, ma nel tentativo di ventilare al massimo le parti meccaniche, la frizione fu lasciata “a vista”, senza la protezione del carter laterale; solo una sottile barretta trasversale in alluminio fungeva da protezione, ma non sempre.
Malgrado questo inconveniente, che, fortunatamente, si evidenziava solo in caso di sforzo prolungato, la moto si dimostrò estremamente competitiva e, dal 1956 al 1958 raccolse allori ovunque si presentò.
La Gilera partecipò con una sua Squadra, composta da Domenico Fenocchio, Dietrichs Serafini, Gianfranco Saini ed Enrico Vanoncini, tutti su Gilera 175 Regolarità Casa, alla Sei Giorni cecoslovacca di Gottwaldov, giunta alla sua 30° edizione.
Sul finire del primo giorno di gara, a pochi chilometri dall’arrivo, Dietrichs Serafini trovò la morte in seguito ad una brutta caduta.
Nello sgomento generale, in segno di lutto, fu annunciato il ritiro di tutti gli italiani dalla manifestazione.


-
-
-
-
-
-