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MZ (1946 – 1992)
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Chiusi all’interno del loro impenetrabile blocco regalarono all’Ovest un mercato enorme e ricchissimo che, almeno sulla carta, non si era meritato
Senza la concorrenza dei paesi del blocco di Varsavia, l’Ovest poté vendere il risultato della sua ricerca e riuscì così a reperire le risorse indispensabili a finanziare la ricerca degli anni ’70, gli anni della riscossa e della vittoria finale, sottraendo ai suoi “nemici” proprio quell’opportunità che si erano viceversa ampiamente meritati.
Anche il fenomeno Giappone non avrebbe avuto lo sviluppo che ha avuto se non avesse potuto contare sulla folta schiera di transfughi che trovarono proprio nel paese del sol levante una generosissima e incondizionata ospitalità.

Un esempio fra i tanti, il pilota Ernst Degner (grande rivale della MV di Carlo Ubiali) che, nel 1961, in occasione del Gran Premio di Svezia (Kristianstadt), seguito dall’intera famiglia scappò in Giappone regalando alla Suzuki le segretissime tecnologie che equipaggiavano le moto da GP a disco rotante della casa di Zschopau.
Dopo soli quattro mesi da questa rocambolesca fuga la Suzuki presentò una nuova bicilindrica due tempi a disco rotante da 125 cc denominata RT 62. Con questo modello la Suzuki ben figurò per tutta la stagione senza riuscire a conquistare il titolo mondiale che fu suo però l’anno successivo come il modello RT64, pilotata da Hugh Anderson.
Le straordinarie intuizioni dell’ingegner Kaaden furono quindi sviluppate per tutti gli anni successivi in Giappone e là raggiunsero il loro apice…… ma così va il mondo e a noi non resta che redigere la doverosa menzione nei nostri appunti, e proseguire il viaggio.

Tutta la fase di liquidazione degli impianti fu lunga e complessa; alla fine l’intero apparato produttivo venne smantellato e convertito in altre attività o trasferito in altri luoghi.
Di tutto quanto abbiamo narrato sopra è rimasto in pratica solo il marchio.
Come altri gloriosi marchi del passato, (MV, Gilera o Guzzi, ad esempio), il ciclo iniziale si è definitivamente chiuso e ne è cominciato un altro, altrove e con un diverso management.
A tutt’oggi, che si sappia, la proprietà è malese, gli impianti sono in Germania e la motoristica è giapponese.
Belle, sicuramente belle, ma di quegli uomini e di quelle macchine si è persa ormai quasi ogni memoria.

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