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1973 – Con la nuova stagione fece la sua comparsa anche un nuovo telaio, più moderno ed efficiente.
Le novità furono quasi tutte concentrate sul posteriore, dove sparì il tubo sagomato che aggirava il perno del forcellone e che aveva reso inconfondibile, sino ad allora, un telaio Müller.
Grazie a nuovi punti di attacco, si ottenne una maggior inclinazione degli ammortizzatori, mentre il forcellone a sezione ovale, montato su nodi semisferici agenti entro cavità di teflon autolubrificante, era addirittura coperto da brevetto.
La ciclistica, come sempre, era molto curata e rifinita con particolari esclusivi come i mozzi originali Müller semiconici.
Il cambiamento non fu una semplice questione di stile, ma rese più razionale l’intero complesso dei tubi che formavano il telaio, e rappresentò un autentico passo avanti, che non fu purtroppo adeguatamente accompagnato da un miglioramento delle prestazioni motoristiche, ancora fossilizzate sull’ormai vecchio e superato motore Zündapp a cinque marce.

Il parafango anteriore in acciaio fu montato alto e la testa del motore Zündapp da 50 cc, abbandonò il tradizionale ventaglio per delle più convenzionali alette dritte.
Dopo questo modello, particolarmente bello, ma già irrimediabilmente vecchio, la Müller toccò il suo apice e iniziò la parabola lenta e triste del declino
A onor del vero, va detto che le sue vittorie più belle, Bruno Müller le colse nel cross, dove fu sicuramente più facile emergere e dove fu schierata una squadra ufficiale.
È tutt’ora vivido il ricordo della vittoria assoluta nella Coppa Italia 1973 di Luciano Nicoletti, ma anche la figlia del costruttore, Cristina, ottenne piazzamenti di assoluto rispetto nel motocross, gareggiando alla pari con i ragazzi nel Campionato Unico.

1974 – I modelli dell’anno precedente furono confermati anche nel successivo 1974.


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