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1966 – La versione Scrambler non venne omologata per il mercato italiano, per il quale non era ritenuta adatta, e da noi ne circolarono pochissime, sufficienti però a far si che, nel 1966 la Ducati cogliesse una delle sue importanti affermazioni nel settore della regolarità nostrana.
In sella ad uno di questi esemplari, adattato alle necessità del fuoristrada di casa nostra, Walter Reggioli vinse la classe oltre 125 cc del Campionato Italiano di Regolarità.
L’anno successivo, forse proprio grazie alle esperienze maturate da Reggioli, la versione Scrambler venne ulteriomente migliorata.
In questi anni, con la geniale applicazione del sistema di distribuzione desmodromica, nacque una nuova generazione di motori monocilindrici di “grande” cilindrata, i cosiddetti "carter larghi", i "mono" più potenti che mai la Ducati avesse prodotto.
Lo scrambler era estremamente maneggevole, poteva contare su di un motore potente e sicuro, una linea pulita e ben caratterizzata, ma dovremo aspettare alcuni anni per vedere anche in Italia questo modello.

1968 – Nel 1968 la Ducati si aprì al mercato italiano e iniziò la commercializzazione dello Scrambler, nella duplice versione da 250 e 350 cc, equipaggiati con i nuovi motori a “carter largo”, l’apice dell’evoluzione tecnologica dei monociclindrici di Borgo Panigale.

1969 – Nel 1969, in occasione del Motosalone di Milano, fece il suo debutto la versione da 450 cc , le cui caratteristiche tecniche si possono così riassumere:
motore monocilindrico a quattro tempi, inclinato di 10°, da 435,7cc (86x75mm), 27cv a 6500 giri, rapporto di compressione 9,3:1, carburatore Dell'Orto da 29mm, accensione a batteria/bobina, alternatore Ducati, lubrificazione a carter umido, frizione multidisco a bagno d'olio, cambio a 5 velocità.
Come le sorelle di minor cilindrata, era dotata di un telaio tubolare, monotrave centrale con monoculla anteriore, raccordata in basso dal motore, forcelle e ammortizzatori Marzocchi, ruota anteriore da 3,00 x 19" e posteriore 4,00 x 18"; mozzi dei freni centrali 180/160 mm, in alluminio.
La pronta e rapida accensione della moto era assistita da un comodo alzavalvole comandato dal manubrio.


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