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La mini Itom (allora di gran moda) mi serviva per gli spostamenti quotidiani mentre la Oscar la smontai immediatamente nella mia officina di casa.
Già nel mese di luglio cavalcavo orgoglioso la mia nuova moto da “corsa” e non persi nemmeno una della tante gare in calendario, a volte iscritto ufficialmente, molte altre semplicemente al seguito in passeggiata.
Già allora la Cavalcata chiudeva la stagione e con l’arrivo dell’inverno c’era una tregua di circa due mesi durante i quali mi dedicai a migliorare ulteriormente il progetto sostituendo il serbatoio con uno in alluminio dalle fogge moderne e grintose e adottando morbidi e leggeri parafanghi in plastica, realizzati con del materiale reperito presso una fabbrica locale e modellati a caldo manualmente, che avevano il sorprendente pregio di piegarsi in caso di caduta senza rompersi o accartocciarsi.
A quei tempi il Franco Acerbis era un ottimo pilota, ma ancora nessuno immaginava che qualche anno più tardi (1973) la Acerbis Plastica, forte di quella semplice ma rivoluzionaria intuizione, avrebbe radicalmente cambiato la ciclistica delle moto di tutto il mondo.
Con l’occasione irrobustii il telaio e modificai la colorazione da nero a bianco ed eccomi pronto, alla prima di Trofeo FMI a Trezzano sul Naviglio, già a marzo del 1968.

Come avrete potuto notare io non ero uno che si innamorava delle sue moto, essendo più interessato alla meccanica in genere ed al suo rapidissimo progredire.
Di moto ne ho cambiate con una velocità sicuramente fuori dalla norma, sempre all’inseguimento dell’ultima innovazione tecnologica e, per non smentirmi, già a giugno dello stesso anno, approfittando della promozione in terza liceo posavo sorridente in sella alla mia nuova Gerosa, ultimo modello, di quelle da lustrarsi i baffi… che ancora non avevo.
Eravamo tutti in fermento, in attesa della Sei Giorni di san Pellegrino, ogni prova che si correva nella bergamasca corrispondeva più o meno ad uno dei sei giorni; l’impegno era notevole, ma la soddisfazione era grande.
In sella al mio Gerosa, non persi la gara di Sorisole ad agosto, con tanto di ghiaione di Borlezza e discesa a Lovere dopo aver attraversato due valli.
Per la Sei Giorni cancellai ogni impegno, a cominciare dalla scuola che iniziava proprio durante l’imperdibile evento, e insieme ad una decina di amici ci trasferimmo tutti a Piazzatorre, a casa di uno di noi, che divenne per una settimana il nostro quartier generale.
In quei giorni sul serbatoio del mio Gerosa brillavano due vistosi adesivi MZ reperiti presso gli “amici” della DDR, che forse, già prefiguravano il mio radioso futuro di collezionista.

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