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CMK – Domino (1968 – 1976)
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L’esperienza si rivelò estremamente valida e Otto ne fece tesoro mettendo in cantiere differenti telai, più adatti all’uso in fuoristrada.
In effetti il primo telaio che Otto disegnò fu particolarmente condizionato da criteri estetici; la linea della doppia culla anteriore si conformava alle forme della testa mentre il serbatoio condizionò le forme della parte superiore dei tubi del telaio. Questa scelta generò dei seri problemi di tenuta e ridisegnando i telai successivi non tenne più conto di questi vezzi puramente estetici.

Dal 1968 al 1971 iniziò una piccolissima produzione di motociclette, nella cilindrata 50, 60 e 100 centimetri cubici.
Basamento Zündapp e gruppi di scoppio CMK; preziose fusioni in terra lavorate secondo le più avanzate tecnologie motoristiche.
Marmitte e sistema di scarico anch'esso ideato e prodotto da Otto, ideali per dare ai motori il massimo della resa.
Lavorò anche sui mozzi, alcuni reperiti sul mercato e modificati, altri addirittura progettati e realizzati ex novo.

Scatole filtro in alluminio, leggere come la vetroresina ma più idonee ad essere realizzate su misura, man mano che i telai cambiavano di forma, parafanghi in acciaio, serbatoio Laverda (con tappo tedesco a sganciamento rapido) e grembiulina proteggi carburatore in vinil-pelle, secondo la moda dilagante nelle moto d’oltralpe.

Il progredire dei prototipi fu molto rapido e questa continua evoluzione permise di mettere a punto la moto che conquistò il titolo più ambito: il campionato italiano della classe 50 per due anni consecutivi.
Fra i suoi piloti più noti ricordiamo appunto Walter Arosio, Ivan Saravesi, Bruno Birbes, Pietro Gagni, Renzo Menestrina e Pietro Polini che conquista il Campionato Italiano classe 50 cc, sia nel 1970 che nel 1971, sbaragliando letteralmente il campo.

Al grande successo agonistico non corrispose, purtroppo, alcun successo commerciale.

Le moto continuarono ad essere costruite col contagocce e la CMK non poté godere di alcun rientro economico significativo.

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