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CMK – Domino (1968 – 1976)
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L’esordio in gara avvenne nella prima gara dell'anno successivo a Costa Volpino (BG); l’Hercules di Walter Arosio fu l'unica ad arrivare al traguardo nella sua cilindrata.
L’indiscussa superiorità del mezzo meccanico permise a Walter di divenire il più rinomato pilota del Moto Club Bergamo della classe 50 e presto fra i due nasce un’amicizia destinata a durare tutta la loro vita.
Dalla Germania importò anche uno strano ibrido: un motore Zündapp su telaio Hercules, che disputò con successo, sempre condotto da Walter Arosio, un paio di gare. Un probabile suo esperimento di cui si sono perse ormai le tracce, ma che già anticipava gli importanti traguardi degli anni successivi.
Dal rapporto di lavoro passarono presto alla collaborazione ed all'amicizia che mai scemò e che legò entrambi per tutti gli anni che seguirono.
Dall'entusiasmo e dalla passione dei due nasce, nel 1967, il progetto CMK - Domino, che fece il suo esordio alla 43° edizione della Sei Giorni Internazionale che si corse in quel di san Pellegrino (BG), nell'autunno del 1968.
Sin dai suoi primi esemplari apparve evidente il genio del progettista che seppe sintetizzare tutta l'esperienza maturata nel settore e centrò l'obiettivo realizzando dei mezzi talmente raffinati da collocarsi immediatamente ai vertici del settore.
Telaio a doppia culla in tubi di acciaio cromo-molibdeno, ammortizzatori anteriori e posteriori Ceriani, ruota anteriore da 21", ammortizzatore di sterzo, carter motore Zündapp a cinque rapporti con gruppo di scoppio CMK, potente ed affidabile.

Otto provò mozzi di diverse marche, ma non sufficientemente soddisfatto, ne progettò di nuovi, presso fusi in alluminio, di grandi dimensioni.
Esternamente simili ai mozzi Puch, erano una via di mezzo fa i mozzi convenzionali ed i mozzi a raggi dritti.

Questi mozzi avevano la caratteristica di essere intercambiabili, nel senso che la ruota anteriore poteva essere montata sul posteriore e viceversa senza dover modificare alcunché.

Nelle prove di velocità si poteva, semplicemente invertendo le ruote, allungare sensibilmente i rapporti e raggiungere velocità altrimenti impossibili. Una soluzione simile venne adottata anche dalla Sachs, più o meno negli stessi anni. Una chance in più su cui potevano contare questi microbolidi gardesani.

Largo uso di leghe leggere e molta attenzione ai dettagli; colore rosso e grigio/argento con un preciso richiamo alle reginette di allora: le Zündapp.

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