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Gabor (1976 – 1980)
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La produzione Gabor si può suddividere in due differenti serie:
un prima serie, dal 1976 al 1977, che pur modificando i carter e la componentistica interna (tant'è che la leva dell’accensione passò a destra e solo la leva del cambio rimase a sinistra) mantenne viceversa l’architettura tondeggiante dei gruppi di scoppio CMK;
Estetica vagamente ispirata alla Puch, parafanghi in plastica, quello anteriore basso sulla ruota.
Le performance furono più o meno sempre le stesse: un inizio di gara alla grande, accesi confronti con le migliori rivali del settore che si concludevano con frequenti ed improvvisi guasti al motore.
Dalla CMK la Gabor ereditò tutti i pregi valorizzandoli, ma non seppe risolvere un problema di fondo che già aveva angustiato Otto a suo tempo. Un modesto, ma fondamentale errore di progettazione, o di realizzazione, o di ottimizzazione o, addirittura, di componentistica, che, a caldo, alterava impercettibilmente il movimento dell'albero motore, il quale, a sua volta disintegrava la gabbia a rulli con i danni che si può ben immaginare.

Un difetto che i tecnici di Guido Borghin pensavano di essere riusciti ad individuare con esattezza, e la seconda serie, messa in produzione a partire dal 1978, oltre che ad adottare un nuovo telaio e nuovi gruppi di scoppio più potenti, eliminò il grave problema legato alla biella.
Estetica maggiormente caratterizzata, telaio e serbatoio color arancio (il serbatoio con effetto “buccia d’arancia”) e nuovi parafanghi e fiancatine in plastica bianca; il parafango anteriore è alto e molto esteso.
Teste e cilindri sono pregevoli pressofusioni in terra cui la forma squadrata conferiva una grinta particolare; come già la prima serie sono guarniti con barre di rinforzo perimetrali.
Il basamento, unico e irripetibile, molto compatto, un po retrò sul lato sinistro, moderno e tecnologico sul lato destro, identico per tutte le cilindrate, saldamente ancorato al telaio da vistosi silent-block in gomma. Al suo interno trasmissione primaria a ingranaggi a denti dritti, cinque dischi per la frizione in bagno d’olio, cambio semisincronizzato a sei marce.

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