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Gabor (1976 – 1980)
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Giuliano Galliazzo dopo aver lasciato la Laverda assume la direzione tecnica del progetto e la sua esperienza giovò sicuramente alla sua realizzazione e messa a punto.
La produzione complessiva si è aggirata intorno ai 90 esemplari (circa 30 della 1° serie e 60 della 2° serie), suddivisi fra le cilindrate 50, 75 e 100 centimetri cubici, e due soli prototipi da 125 e 175 cc.

Si deve alla passione di Guido Borghin se la strada tracciata da Otto fu validamente approfondita e sviluppata e sempre grazie alla sua passione, di queste primedonne della motoregolarità, se ne trovano, ancora ben conservate diversi esemplari.
Riteniamo però riduttivo limitarsi a dire che la Gabor proseguì nel solco tracciato dalla CMK.

Guido Borghin non si limitò a raccogliere il testimone, ma seppe sviluppare, accrescere e potenziare il progetto iniziale in modo sostanziale dando vita ad un prodotto totalmente evoluto, diverso dalle sue origini e per questo motivo capace di assurgere all'Olimpo dei pochi marchi al mondo che si cimentarono in corsa costruendo in proprio l’intera moto.
Anche se la Gabor fu una meteora nel mondo del fuoristrada i risultati furono sorprendenti e il mezzo fu effettivamente valido; la Gabor merita a pieno titolo un posto di riguardo nel panorama motoregolaristico internazionale.
Diversi bravi piloti si cimentarono in sella alle Gabor: i bergamaschi Lazzaroni, Fornoni e Savoldelli, o, nel Veneto, Toso e Pravisani, e poi ancora Fabio Fasola, Renzo Menestrina e Mario Milani.

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