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Rumi (1951 – 1958)
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Nonostante la chiusura della fabbrica, le motociclette Rumi continuarono a circolare per ancora diversi anni e i suoi motori continuarono ad essere apprezzati in campo agonistico per tutti gli anni ’60.
Il mitico bicilindrico a due tempi, fra i più potenti della categoria, era particolarmente ricercato e molti esemplari vennero rottamati anzitempo per poter utilizzare i relativi motori sui Kart, sport allora emergente e in forte crescita.
Il nipote di Donnino Rumi, Stefano, da sempre impegnato a seguire le moto di famiglia sui campi di gara, nel 1969 finanziò lo studio per la realizzazione di una nuova moto da regolarità.
Vennero approntati un paio di esemplari, al cui progetto si dedicò l'ing. Umberto Ottolenghi.
Quanto ai motori, vennero sperimentate delle motorizzazioni a due tempi, monocilindrici a sei marce derivati dai motori per kart "Rocket", preparati anch’essi dall'ing. Ottolenghi.
Alla realizzazione del telaio si dedicò lo specialista di allora, Mario Rovescalli, noto telaista bergamasco.
Rifinite con accessori reperiti sul mercato le moto fecero solo alcune fugaci apparizioni sui percorsi più classici della bergamasca, sufficienti comunque a mettere in agitazione l'ambiente regolaristico.

Collaudatori furono i bergamaschi Edoardo Dossena, Romualdo Consonni e Walter Arosio.
Per mantenere una continuità artistica con il passato e non potendo contare su Donnino, ormai completamente dedito alla pittura, si scelse di affidare a due artisti bergamaschi, Francesco ed Ernesto Coter, il design delle sovrastrutture.
Entrambi i fratelli Coter erano regolaristi praticanti ed avevano quindi tutti i requisiti per abbinare al talento artistico anche l' esperienza nel fuoristrada.
Per un paio di mesi, nel loro atelier in Bergamo alta, prima, e nello studio del padre Costante in via Torquato Tasso poi, fece bella mostra di se un telaio tubolare montato su ruote, su cui gli artisti modellarono, in gesso, il "vestito" di queste neonate reginette. Le linee erano molto secche e sicuramente avveneristiche per parafanghi, fiancatine e serbatoio, che avrebbero dovuto essere realizzati in alluminio.
Le nuove Rumi suscitarono una tale aspettativa che persino i giornali locali dedicarono degli articoli a questi prototipi, di cui tutti parlavano, ma che, in realtà, ben pochi ebbero la fortuna di vedere.
Poi, così come improvvisamente.il progetto nacque, altrettanto improvvisamente fu abbandonato.
La maquette della moto passò dall'atelier degli artisti direttamente al rottamaio, quasi a chiudere simbolicamente un ciclo storico di fonderie che prima crearono e poi fagocitarono il frutto della loro creazione.


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