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Rumi (1951 – 1958)
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1955 - Nel 1955, quando già la Rumi era in forte ascesa, uscì il sorprendente 125 “Sei Giorni”, la sua massima evoluzione progettuale nel settore delle competizioni in fuoristrada.
Quando venne presentata alla stampa non aveva ancora il ricco bauletto in cuoio sul serbatoio, ma già aveva tutte le carte in regola per vincere, anzi stravincere.
Le forcelle anteriori a bracci oscillanti, adeguatamente rinforzate e allungate per meglio affrontare le asperità del terreno, insieme con il forcellone posteriore con ammortizzatori Sturcher a molle coperte, e una nuova sella imbottita (uno dei primissimi esemplari di sella che cercavano di superare la tradizionale sella triangolare in ferro e molle), costituivano le più evidenti migliorie apportate alla ciclistica, ma è nel motore che erano contenute le modifiche più significative.
Innanzitutto un nuovo cambio a quattro marce, con le prime tre marce corte e ravvicinate e la quarta lunga, e poi i nuovissimi cilindri in alluminio con la canna cromata della tedesca KS (sperimentati con successo nel Giro d’Italia del 1954) che, non solo facevano risparmiare 3,5 kg di peso, ma permettevano di raggiungere la ragguardevole potenza di 9 cv a 7300 g/m.
In merito a questa meraviglia tecnologica ho sentito dire da più parti che, ulteriormente elaborati, superassero addirittura i 12 cv, ma il numero di giri era tale da renderli adatti solo ed esclusivamente alle gare di velocità.
Anche in questo caso la Rumi rappresentò l’avanguardia dell’eccellenza motociclistica, per tutti i cinque anni in cui venne prodotta, sino al 1960.
Che la Rumi, unica casa in Italia e prima in Europa, avesse imboccato la strada migliore, quella che aveva davanti a sé il più lungo percorso di crescita è testimoniato dal fatto che, circa 30anni dopo, i tecnici Morbidelli si divertirono ad elaborare con mezzi moderni questo rivoluzionario motore e, al primo colpo, senza grandi difficoltà ottennero ben 25,5 cavalli a 13.800 g/m.

La moto era molto curata, sin nei minimi particolari, e ricca di accessori efficenti e raffinati.
Il serbatoio munito di due tappi, era diviso in due scomparti non comunicanti per scongiurare il rischio di rimanere senza benzina in caso di sfondamento a seguito di caduta particolarmente rovinosa (esempi simili si possono ritrovare in tutte le più sofisticate coetanee, come Capriolo, Sterzi, Parilla, Laverda, e Devil); nel posteriore era alloggiato un pratico gonfleur e un piccolo serbatoio dell’olio per la lubrificazione a cascata della catena.
Gli ottimi e italianissimi ammortizzatori Sturker (in uso anche sulle Maserati da competizione proprio negli stessi anni) vennero progressivamente potenziati e dotati di molle più lunghe e tre differenti posizioni facilmente regolabili, capaci di adattarsi ai percorsi ed ai vari stili di guida, modificando il rendimento sia dell’avantreno che del retrotreno.
Il manubrio alto, a corna di bue, venne successivamente migliorato da alcuni piloti, con l’aggiunta di un traversino centrale di rinforzo.
Su questo modello vennero montate più convenzionali ruote da 18 pollici.


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