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L’avversario più temibile, si dimostrò sin dall’inizio, Gualtiero Brissoni e la sua potente SWM, ma dopo una lunga serie di successi, Piero Polini in ottima forma, si confermò Campione Italiano della classe 50cc, per la terza volta, portando il marchio Ancillotti al centro della scena. 
In occasione della Valli Bergamasche (Bergamo, 24/25 giugno), alla 50 di Piero Polini fu assegnato il numero 1 e, con esso, l’onore di dare il via alla manifestazione.
Tre le Ancillotti 50 iscritte alla partenza, ma solo quelle di Piero Polini e Attilio Petrogalli completarono la prova e si classificarono rispettivamente 6° e 7° di classe, mentre Andrea Leoni fu costretto al ritiro.
Ciononostante, i successi non mancarono nemmeno a livello internazionale.
Alla Sei Giorni cecoslovacca di Spindleruv Mlyn (11/16 settembre), il migliore degli italiani fu proprio Piero Polini, che conquistò un’eccellente seconda piazza della classe 50 cc, alle spalle della Zundapp ufficiale di Neumann.
Il titolo di Campione Italiano, la medaglia d’oro ed il secondo posto alla Sei Giorni, a soli cinque anni dagli esordi, costituiscono due risultati di grandissimo prestigio che consacrarono il marchio toscano nell’olimpo dell’enduro mondiale.
Un così intenso impegno agonistico generò un progresso molto rapido e, sulla base delle esperienze fatte, nel corso dello stesso anno, il modello da 125 cc fu prodotto in due differenti versioni.
I primi esemplari, convenzionali “a passo corto”, furono sostituiti nel corso della stagione da una 2° Serie, “a passo lungo”, con i tubi del telaio di maggior diametro, la pipa di sterzo più corta ed il forcellone posteriore più lungo di alcuni centimetri.
Anche in questo caso, le varie modifiche ai telai per migliorare la guidabilità delle moto, furono suggerite proprio da Piero Polini, dopo svariati test effettuati ad Alzano Lombardo.

La 2° Serie era differente anche nei dettagli, come la grembialina che inglobava il carburatore, fissata su dei piccoli ganci sporgenti, in luogo delle viti esagonali, o lo scarico fissato all’ammortizzatore posteriore per mezzo di un silentblock, ed altri piccoli particolari.
Il motore Sachs, che sui primi esemplari era a puntine, fu anch’esso sostituito nel corso dell’anno dalla versione con l’accensione elettronica.
Il mozzo posteriore, che sui modelli di punta, era quello scomponibile della rinomata ditta Amadori di Bologna, già fornitore delle Morini da Regolarità, fu sostituto, durante l’estate, da nuovi mozzi in lega leggera.
Si trattava di una piccola produzione artigianale, pregiate fusioni in terra, marcate Ancillotti, che diedero, immediatamente, ottimi risultati.
I mozzi Ancillotti si dimostraono validi e restarono in uso anche l’anno successivo, ma poichè il punto di attacco della leva del freno risultò particolarmente fragile e soggetto a facili rotture, con la fine del 1973 furono abbandonati.
In seguito la Amadori fu assorbita dalla Campagnolo, e, attorno alla metà degli anni ’70, i mozzi tradizionali in alluminio, a tamburo centrale, furono sostituiti dai più efficaci mozzi conici della Grimeca.


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