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I tecnici cechi furono maestri nella fusione del magnesio di cui avevano sviluppato una tecnologia molto raffinata e non lesinarono nella realizzazione di mozzi e carter motore nel corso di tutta la loro lunga carriera.
Gruppo termico in alluminio, con canna in ghisa riportata e distribuzione a tre luci, comandata dal pistone a testa piatta. Pistone in lega leggera con due segmenti in acciaio, collegato alla biella mediante gabbie a rulli; carburatore Jikov da 32 o da 34 mm, a seconda delle varie versioni e modelli; accensione a volano magnete.
Nella cupola della testa trovavano spazio due candele, ciascuna delle quali era collegata ad una bobina esterna posta sotto il serbatoio. Si trattava di due impianti autonomi e separati che potevano essere esclusi o attivati anche contemporaneamente, mediante due piccoli interruttori, posti sul retro delle bobine stesse.
In pratica, una sola candela era collegata all’impianto, mentre la seconda era di scorta.
Frizione a secco, con dischi multipli, posizionata direttamente sull’albero motore, cambio a cinque rapporti e leva dell’accensione ancora sull’asse del cambio, ma con uscita sul lato posteriore destro; trasmissione primaria a denti dritti.
A differenza dei modelli precedenti che montavano un carter catena in lamiera, completo e chiuso ermeticamente, la ricerca di leggerezza si fece notare nel nuovo carter in lamiera, essenziale ed  aperto; inedito anche il serbatoio cromato a goccia, come pure le forcelle a perno avanzato.

Anche nel corso del 1964 la Jawa partecipò con questa moto al campionato del mondo di cross, classe 250 cc, proprio lo stesso anno in cui la cugina CZ, condotta dal belga Joel Robert conquistava il suo primo Campionato, con un telaio molto, molto più convenzionale.
Malgrado una serie di risultati non incoraggianti, fu approntata anche una versione da regolarità, inizialmente equipaggiata con un motore da 175 cc.
Le nuove moto, identificate con la sigla Typ 652, e con il tubo di scarico basso, di stretta derivazione crossistica, iniziarono il loro collaudo affiancandosi ai vecchi modelli ancora ampiamente in uso.

Sia le nuove moto che le vecchie non si dimostrarono però all’altezza delle rivali, che già avevano compiuto quell’indispensabile salto di qualità su cui stavano lavorando in casa Jawa.
Alla Valli Bergamasche (27/28/29 giugno) di quell’anno, fu lo stesso ing. Bouska a portare in gara uno di questi esemplari, nella classe 175, ma fu costretto al ritiro e l’intera squadra non brillò.
Particolare curioso, durante la stagione, sulle Jawa ufficiali, furono montati i mozzi anteriori MZ; esperienza che non ebbe seguito.
Abbastanza deludente anche la Sei Giorni della Germania Orientale, Erfurt (7/12 settembre), dove i cecoslovacchi si classificarono 5° nel Trofeo, e 3° e 4° nel Vaso.
A guidare le “banana” furono chiamati Zdenek e Cespiva, ma il miglior risultato fu raggiunto da Otakar Chasak, che, a sorpresa, si classificò primo nella classe 125, con la sua CZ.


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