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Parilla (1946 – 1966)
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La Parilla si specializzò in moto stradali e tutta la sua più pregiata produzione si concentrò sulle moto da pista; solo verso la fine degli anni 50, quasi al termine del suo ciclo produttivo, si impegnò direttamente nel fuoristrada agonistico.
Fu appunto con dei modelli stradali, solo leggermente modificati, che la Parilla fece le sue prime apparizioni sulla scena della Regolarità.
Singoli privati non supportati ufficialmente dalla Casa, che non ottennero risultati strabilianti ma iniziarono a lasciare traccia di questo nuovo marchio nelle classifiche delle gare più importanti.
Felice Magri, in sella ad una 125 a due tempi, arrivò 20° alla Valli del 1951 e, sempre lo stesso anno, con la stessa moto, Giovanni Grieco portò a casa una medaglia d’oro alla Sei Giorni.
Qualche anno più tardi, nel 1953 e nel 1954, toccherà al quattro tempi monoalbero da 150 cc, portato in gara da Bruno Bellezza ed Enrico Vanoncini, tenere alti i colori della Parilla.
Nel 1956 si passò ad un modello potenziato da 175 cc, in diretta competizione con la Gilera 175 e la Guzzi Lodola, ma il 1957 fu l’anno della svolta.

Dopo tante partecipazioni private la Parilla decise di interessarsi ufficialmente alle competizioni in fuoristrada e, in occasione della 10° edizione della Valli Bergamasche, si presentò al nastro di partenza con una sua squadra, anche se la moto era ancora quel 125 a due tempi in produzione da diversi anni.
L’anno successivo esce un nuovo modello da 125 cc, questa volta a quattro tempi e, forti dell’esperienza maturata, viene quasi immediatamente allestita una versione specificamente studiata per le competizioni in fuoristrada.
Di questo nuovo modello vennero approntate due differenti serie.
La prima continuamente riveduta e corretta fu in uso nel 1958 e nella prima parte del 1959.
Malgrado fosse strettamente derivata dal modello di serie, presentava già una evidente evoluzione corsaiola, pur mantenendo il telaio monoculla e le forcelle del modello stradale.
Parafanghi e manubrio alti, con porta-gonfleur sul manubrio, sotto la tabella portanumero, e grata in ferro proteggi faro connotavano la sua destinazione agonistica.
Il tubo di scarico passava alto sul lato destro, con griglia di protezione per la gamba del pilota.
Secondo i dettami della miglior scuola del tempo (Rumi, Laverda, Puch e Devil), il serbatoio era diviso in due scomparti separati e munito di due tappi; lo stesso era arricchito da un capiente e raffinato bauletto porta attrezzi in cuoio.

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