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Laverda (1947 – 1980)
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L’era dei 4tempi era ormai irrimediabilmente conclusa e anche per la Laverda fu decretato il ritiro dalle competizioni e dal settore specifico del fuoristrada.
Il ritiro, strategicamente doveroso, non fu una resa, ma più semplicemente i tecnici Laverda mostrarono di aver compreso la lezione; a Breganze la ricerca proseguì verso nuove direzioni.
Già nel 1970 viene messo in cantiere lo studio e lo sviluppo di un progetto che ha come base una due tempi innovativa, capace almeno sulla carta, di contrastare le regine di allora.
Il primo prototipo viene realizzato ed inizia i suoi collaudi nel 1972 e, e solo pochi mesi più tardi, nel 1973, ritornano alla carica presentando un mezzo completamente nuovo e con grandi possibilità di sviluppo: la Chott 250.
Con questa nuova moto i tecnici di Breganze dimostrarono di aver messo a frutto le lezioni passate ed i cinque anni di pausa non furono spesi inutilmente.
Si trattò di un ritorno alla grande con una 250 a due tempi modernissima, che almeno all’apparenza aveva tutte le carte in regola per ben figurare.
In occasione del Motosalone del 1973 viene presentata al pubblico questa novità assoluta che sembra concentrare in sé il meglio della produzione mondiale.

Telaio a doppia culla, robusto e moderno, in acciaio cromomolibdeno, sistema di protezione della catena a carter chiuso in electron come le più belle due tempi del mondo, forcelle e ammortizzatori Ceriani, un motore potente (68 x 68 mm, pari a 246.95 cc) con carburatore Dellorto da 32 (PHB32) in grado di erogare 26 hp a 7.600 gm, esaltato da un cambio con ben cinque rapporti, frizione a secco, doppia accensione elettronica Bosch, forcelle anteriori a steli scoperti, scatola filtro ampia e funzionale, mozzi conici anch'essi molto simili ai mozzi delle regine di quei tempi, le Jawa.
La moto ha il telaio color argento ed il serbatoio verde scuro.
I parafanghi in acciaio ed un look moderno e grintoso come ad esempio i carter motore e i mozzi color oro (o color bronzo, a seconda dei punti di vista) completavano l’insieme in modo armonioso e accattivante.
Il collaudo del mezzo e la successiva campagna pubblicitaria furono affidati all’ottimo Edoardo Dossena e tutto, ma proprio tutto, faceva pensare ad un futuro talmente radioso da offuscare l’intera produzione italiana e buona parte di quella straniera, ma non fu così.

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